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Sismicità del Bacino del Mugello

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E’ noto da tempo che l’area del Bacino del Mugello risulta una delle più attive sismicamente dell’Appennino Settentrionale (Fig. 1). 
Molti sono i cataloghi, disponibili anche in rete, nei quali è documentata la sismicità sia recente che storica della zona. Gli ipocentri dei terremoti superano raramente i 14 km di profondità, e molto frequentemente sono al di sopra dei 5 km. L’origine di parte della sismicità è quindi da ricercarsi in strutture all’interno della copertura. In genere si tratta di sismicità a bassa magnitudo, normalmente inferiore a 4.0 anche se, per alcuni terremoti storici è stata calcolata una magnitudo anche superiore a 6.0. I meccanismi focali reperibili in letteratura, che interessano la zona del Mugello sono in prevalenza di tipo distensivo, ma sono presenti anche alcuni meccanismi di tipo compressivo e trascorrente (Fig. 1).

Fig. 1 - Distribuzione della sismitotà storica e dalla rete sismica Nazionela dell’area del Mugello. Sono riportati i meccanismi focali disponibili in letteratura.


In particolare il terremoto del 29 Giugno 1919, che rappresenta l’ultimo forte evento avvenuto in Mugello, è stato risentito in una vasta zona dell’Appennino centro-settentrionale, con oltre 100 morti e 400 feriti. La sequenza iniziò nelle prime ore del 29 giugno con alcune piccole scosse avvertite nella notte, attorno alla mattinata ci fu una forte scossa che causò alcuni danni a Borgo San Lorenzo (FI) e in alcune piccole frazioni vicine, e che allarmò notevolmente la popolazione, la quale si riversò all’aperto; seguirono altre scosse più leggere nelle ore successive. L’evento principale avvenne nel pomeriggio, alle ore 17:06 locali che ebbe effetti distruttivi, causando molti crolli e danni gravissimi. I danneggiamenti più gravi si ebbero nella zona di Vicchio, con distruzioni o gravi lesioni del patrimonio edilizio. Il terremoto causò inoltre l’interruzione delle linee telegrafiche e delle linea ferroviaria Vicchio-Dicomano. Sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici è stato stimato che la scossa principale del 29 giugno ebbe una magnitudo Mw 6.3-6.2  ed una struttura responsabile ad andamento appenninico, che deve avere prodotto una scarpata di faglia di 30 cm. Subito dopo il terremoto furono effettuate ricognizioni geologiche nei dintorni di Vicchio che evidenziarono la presenza di fessurazioni co-sismiche presso Rostolena (Villa Ricci) e sul lato meridionale del Bacino, presso Sagginale.

Fig. 2 - Carta schematica dell’area del Bacino del Mugello con indicazione dello stato di attività delle faglie.

Nell’area del Bacino del Mugello sono stati effettuati studi dettagliati di morfotettonica e tettonica attiva, finalizzati all’individuazione di strutture potenzialmente attive o interpretabili come responsabili della sismicità dell’area (Fig. 2). Tali studi hanno portato al riconoscimento  di strutture ad attività pleistocenica inferiore, ed altre per la quali è ipotizzabile un’attività anche successiva. Una datazione più precisa sarebbe possibile qualora si disponga di un’attribuzione cronologica certa delle superfici terrazzate e dei paleosuoli affioranti nell’area del Bacino del Mugello e appartenenti al sistema del Fiume Sieve. Infatti alcune faglie tagliano nettamente e dislocano di qualche metro alcuni dei terrazzi più recenti. Sempre su basi morfostrutturali è stato possibile dimostrare una stretta relazione tra dinamica fluviale e presenza di alcune strutture che sembrano determinare netti gradini morfologici lungo il profilo dei torrenti affluenti di destra del Fiume Sieve.
Relativamente alla cinematica delle strutture presenti, per quanto riguarda il sistema di faglie lungo il bordo sud-occidenatele del bacino, esse indicano una componente normale di movimento, evidenziata dal ribassamento verso valle delle già citate superfici terrazzate. Il sistema di faglie presente lungo il margine nord-orientale, presentano invece caratteristiche più complesse. Esse infatti sembrano dislocare le strutture plicative associate ai sovrascorrimenti, ma in parte i sovrascorrimenti stessi vengono riutilizzati da faglie normali, subendo perciò una tipica inversione tettonica negativa.
Sulla base di queste considerazioni, è stata redata una carta delle strutture quaternarie (Fig. 2), dove emerge con chiarezza che le faglie attive successivamente al Pleistocene inferiore appartengono al sistema di Ronta, lungo il margine nord-orientale del bacino e, il sistema di Cistio lungo il margine sud-occidentale.

Bibliografia




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