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La "terra mobile" di Wegener e la deriva dei continenti

Fig. 1 - Ricostruzione del Pangea e della sua
evoluzione paleogeografica.
L'idea di una "Terra mobile", la cui superficie cambia aspetto nel tempo per il continuo reciproco spostarsi di settori della crosta, è nata all'inizio del secolo scorso ed ha avuto il suo principale teorico in Alfred Wegner, ben noto per avere proposto la teoria della deriva dei continenti.
Wegner considerava le aree continentali come zattere di sial galleggianti sul sima, indicando con sial (da silicio a alluminio) la crosta a composizione media granitica, meno densa, e con sima (da silicio a magnesio) il materiale sottostante, più denso, di composizione basaltica, che affiorava sul fondo degli oceani e costituiva, secondo l'autore, un involucro continuo (Fig. 1).
Nella teoria, i grossi frammenti di crosta sialica, immersi nel sima molto viscoso "come iceberg nell'acqua" sarebbero andati pian piano alla deriva verso ovest, per restare in ritardo rispetto la rotazione terrestre verso est. L'inerzia dei lembi di sial, che tuttora slitterebbero lentamente sul sima, avrebbe portato le Americhe nella loro posizione attuale dando origine alle Montagne Rocciose e alle Ande.
Risulta fondamentale, nella teoria, il concetto di un sial rigido che galleggia sul sima ed è in grado di muoversi rispetto a quest'ultimo, che , in tempi molto lunghi, si comporterebbe in modo plastico.

Prove geografiche e geologiche sulla deriva dei continenti
Wegner, studioso di meteorologia ma con ampi interessi in vari campi delle scienze, era rimasto fortemente colpito dalla notevole somiglianza delle linee di costa dell'Africa e dell'America del sud, già sottolineato anche da altri autore, e lo stesso Wegener lo riporta all'inizio del suo libro con il quale pubblicò la sua teoria:

"La prima idea di una deriva dei continenti mi si presentò già nel 1910. Nell'esaminare la carta geografica dei due emisferi, ebbi l'impressione immediata della concordanza delle coste atlantiche, ma ritenendola improbabile non la presi per allora in considerazione. Nell'autunno del 1911, essendomi capitata in mano una relazione su un'antico collegamento continentale tra il Brasile e l'Africa, venni a conoscenza dei risultati paleontologici ottenuti a me ignoti fino allora. [...] ora, le osservazioni fatte furono così notevoli che si radicò in me la convinzione dell'esattezza fondamentale di quell'idea. Idea che resi nota per la prima volta il 6 gennaio 1912".

Fig. 2 - distribuzione delle catene
montuose Caledoniane ed Erciniche.
Egli pensò che questa somiglianza non fosse casuale, ma derivasse dal fatto che i due continenti fossero stati in precedenza uniti. Wegener ritenne che un'eventuale precedente continuità tra Africa e Sud America dovesse risultare comprovata dalla corrispondenza degli elementi geologici e paleontologici messi in luce dallo studio delle rocce (Figg 2 e 3), oggi affioranti lungo le coste dei due continenti. La necessità di ipotizzare l'esistenza di antichi "ponti continentali" che in seguito sarebbero sprofondati sotto gli oceani (postulato che fino a quel momento spiegava le analogie tra le associazioni fossili) veniva in tal modo a cadere, mentre analogie simili venivano riscontrate in altre parti del mondo come fra Australia e Sud America o tra Europa e Nord America.
Con un paziente lavoro, Wegener ricostruì la configurazione delle terre emerse così come dovevano presentarsi alla fine dell'era Paleozoica (circa 250 Ma fa), quando si era formato un "supercontinente" che egli chiamò Pangea (tutto terra), circondato da un'unico oceano, il Pantalassa (tutto mare), e delineo le tappe della deriva dei continenti, che a partire dalla frammentazione del Pangea (Fig. 1), in meno di 200 Ma ha portato la superficie della Terra al suo aspetto attuale. Se si riuniscono i continenti come proposta da Wegener, grandi catene montuose (Fig. 2), faglie lunghe kilometri e perfino giacimenti minerari si trovano in perfetta continuità attraverso le giunzioni. 

Prove paleontologiche
Fig. 3 - Prove paleontologiche della deriva 
dei continenti con la distribuzione 

di alcuni resti fossili.
Negli strati sedimentari del Permiano (l'ultimo periodo dell'Era Paleozoica, tra 290 e 250 Ma fa) del Brasile e del Sud Africa vengono rinvenuti gli identici resti di un piccolo rettile che viveva in acque dolci, il Mesosaurus e di una pianta Glossopteris, la cui distribuzione geografica interessa due continenti oggi separati da un ampio oceano (Fig. 3);  anzi, i resti della pianta si trovano anche in India, Australia e Antartide, aree continentali separate da estese superfici marine. La diffusione in aree tra loro così lontane, degli stessi organismi viventi tipici di ambienti continentali, incapaci perciò di superare gli oceani, si può spiegare ipotizzando che, a quel tempo, le terre avessero una diversa configurazione, e che aree oggi separate fossero congiunte.
Fino a circa metà dell'Era Mesozoica le faune fossili nei due continenti, Sud America e Africa, continuano a essere identiche. Gli ambienti dovevano far parte di una fascia costellata di laghi nei quali vivevano rettili terrestri, anfibi e pesci di acqua dolce, che non avrebbero potuto superare l'oceano oggi frapposto tra i due continenti. Dall'ultima parte dell'Era Mesozoica, circa 100 Ma fa, i depositi e le faune fossili appaiono, invece, radicalmente diverse nei due continenti: da quel momento, l'evoluzione della fauna e della flora in Sud America deve avere seguito strade molto diverse da quelle seguite in Africa, a mano a mano che i due continenti si separavano e un nuovo oceano, in progressivo allargamento, creava un ostacolo alla libera comunicazione tra gli organismi continentali.

Prove paleoclimatiche
Fig. 4 - distribuzione delle fasce paleoclimatiche.
Wegener riportò su di un planisfero le antiche fasce climatiche, dell'Era Paleozoica (Fig. 4). Rocce elaborate da ghiacciai continentali affiorano in Africa occidentale, in Brasile e in India, luoghi dove oggi il clima è tutt'altro che glaciale; viceversa, grandi giacimenti di carbone (resti di vaste foreste di tipo equatoriale) si trovano in Antartide e in Australia. Solo riunendo i continenti nel Pangea e spostandoli più a Sud, le fasce paleoclimatiche riacquistano una disposizione coerente.
***
Attraverso queste e numerose altre prove Wegener aveva riconosciuto chiaramente la mobilità della crosta continentale; quello che mancava alla sua teoria era invece un "motore" abbastanza potente da far muovere i continenti, ma per questo i tempi non erano ancora maturi: altre grandi scoperte dovevano venire, sopratutto nel campo della Geofisica, prima che, cianquant'anni più tardi, la Tettonica delle Placche fornisse un nuovo, concreto quadro di riferimento per un'antica idea.



Riferimenti bibliografici
Il motore della deriva dei continenti... [materiale di questo blog].
Palmieri E.L. & Parotto M., 2013. Il Globo terrestre e la sua evoluzione. Zanichelli Ed.
Raffi S. & Serpagli E., 1999. Introduzione alla paleontologia. UTET Ed.

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