Figura 1 |
Il 30 ottobre 2016 alle ore 07:43 si è verificato un terremoto di Mw 6.5, con epicentro nei pressi di Norcia e profondità di circa 9.0 km. La sequenza sismica continua con un numero complessivo di scosse pari a circa 23.900 dal 24 agosto. In fig. 1 si può vedere la distribuzione degli eventi sismici dal 24 Agosto e dalle ore 07:43 del 30 ottobre.
Il terremoto del 30 ottobre 2016 ha prodotto una scarpata di faglia della lunghezza di 15 km circa, tra gli abitati di Arquata del Tronto e Ussita. Questo spostamento cosismico rappresenta la prosecuzione verso la superficie della rottura e dello scorrimento avvenuto sulla faglia in profondità. In occasione del terremoto del 24 agosto, erano state osservate delle scarpate sul fianco del monte Vettore, ma erano ben più limitate (tratto verse in fig. 2), così come quelle segnalate più a nord che si estendono fino a Cupi e causate dal terremoto del 26 ottobre (eventi di M 5.4 e 5.9, tratto arancione in fig.2).
Figura 2 |
Le scarpate di faglia del 30 ottobre (tratto rosa in fig. 2) sono molto evidenti e appaiono come un gradino nella topografia di entità variabile tra 20 e 70 cm, la loro localizzazione lungo il sistema di faglie del Vettore-Porche-Bove. Dai dati di campagna si è evidenziato un ribassamento del settore occidentale rispetto a quello orientale. La geometria e l'entità della deformazione sono consistenti con il movimento avvenuto in profondità.
Figura 3 |
Le mappe della deformazione (fig. 3), ricavate dai dati satellitari, evidenzia due lobi principali di deformazione. Il primo, che interessa l’area di Norcia, mostra uno spostamento verso ovest e un sollevamento che, nella linea di vista del radar, corrispondono a circa 35 cm di deformazione. Il secondo mette in luce un significativo abbassamento del suolo nell’area di Castelluccio (più di 60 cm in linea di vista del sensore) e uno spostamento verso est dell’area di Montegallo. Tali dati sono coerenti con il quadro sismotettonico ricavato dai dati sismologici e di campagna.
Generalmente i grandi terremoti rompono ripetutamente le stesse faglie e quelle dirette (come nel caso dell'Italia centrale) provocano il ribassamento e il relativo sollevamento delle due porzioni di crosta separate dalla faglia. Il ripetersi di terremoti successivi lungo le stesse faglie porta all’accumularsi delle deformazioni di ciascun terremoto che è alla base della crescita delle montagne e dell’ampliamento dei bacini (es. Mt. Vettore-Piana di Castelluccio). Il terremoto è quindi una delle forze guida principali dell’evoluzione del paesaggio appenninico.
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